Altro devastante lutto nel mondo del calcio: se n’è andato per sempre un’icona, una vera leggenda dello sport
Per molti autorevoli studiosi il calcio è una forma ritualizzata, come ci racconta anche il titolo dell’interessante saggio ad opera del compianto sociologo Alessandro Dal Lago “Descrizione di una battaglia. I rituali del calcio”.
Non solo. La raccolta di saggi a tema calcistico di Ivan Colovic s’intitola ‘Campo di calcio, campo di guerra”. In particolare, l’antropologo serbo ricostruisce la genealogia delle famigerate ‘tigri di Arkan’, i sanguinari paramilitari che terrorizzarono con esecuzioni di massa e stupri etnici durante le guerre Balcaniche e che vennero reclutate proprio tra i ‘Deljie’, termine di origine turca traducibile con ‘giovane eroe’, gli ultras della Stella Rossa di Belgrado di cui il Comandante Arkan, al secolo Željko Ražnatović, era il leader indiscusso.
Insomma, il calcio non solo come strumento di propaganda e di consenso, come nel nostro Paese durante il Ventennio fascista e nella Spagna franchista, ma anche bacino di reclutamento di uomini da impiegare in guerra.
Tuttavia, anche il calcio è una vittima della guerra come attesta l’ultimo straziante lutto, la scomparsa di Mohammed Barakat, leggenda del calcio palestinese, una delle oltre 30 mila vittime del conflitto nella Striscia di Gaza.
Mohammed Barakat, 39 anni e 114 gol in carriera con le maglie del Khan Younis Youth Club, di cui è stato il capitano, dell’Ahly Gaza e di molti altri club della Cisgiordania e della Giordania, secondo quanto riportato dai media locali, è stato rinvenuto cadavere tra le macerie della sua casa natale, a Khan Younis, centrata dalle bombe dell’IDF, l’esercito israeliano, il primo giorno del Ramadan, il mese sacro per i musulmani.
Dunque, una grave perdita dentro e fuori dal campo, quella di Mohammed Barakat, come sottolineato, ai microfoni di Al-Jazeera, Khalid Abu-Habel, difensore del Khadamat al-Maghazi: “Ho giocato contro di lui. Era veloce e intelligente. Un capocannoniere eccezionale. Fuori dal campo era gentile e amichevole. Un amato amico di tutti“.
Comprensibili l’amarezza e la stizza di Khalid dal momento che sotto le bombe e i colpi di artiglieria dell’esercito con la stella di Davide “la comunità sportiva a Gaza sta semplicemente sparendo“.
E, infatti, dall’inizio dell’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza – in risposta al brutale blitz di Hamas, lo scorso 7 ottobre, ai danni di vari kibbutz e di un rave party con centinaia di giovani – sono circa 88 tra giocatrici e giocatori professionisti di vari sport che hanno perso la vita.
Un bilancio già di per sé pesante destinato inesorabilmente ad aumentare se si considerano i dirigenti, i tecnici e le altre professionalità che gravitano nella galassia sportiva palestinese e che testimonia l’alto tributo di sangue che anche lo sport palestinese sta pagando alla guerra in corso nella Striscia di Gaza.
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